Uomo politico romano.
Membro di una famiglia patrizia decaduta, iniziò la sua carriera agli
ordini del console C. Mario, nel 107 a.C., in qualità di questore.
Durante il conflitto contro Giugurta (107 a.C.), venne inviato in Africa dove,
nel 105 a.C., riuscì a far catturare il re numida, ponendo termine al
conflitto. Legato di Mario (104 a.C.) nella guerra contro Cimbri e Teutoni,
l'anno successivo divenne tribuno dei soldati e nel 102 a.C., in qualità
di legato di Q. Lutazio Catulo, combatté contro i Cimbri. Divenuto
pretore nel 93 a.C. e l'anno seguente propretore della Cilicia, concluse il
primo patto di alleanza tra Romani e Parti. Proteso a diventare capo
dell'oligarchia senatoria,
S. si distinse durante la guerra sociale
(90-89 a.C.), riportando numerosi successi sugli Italici che si erano ribellati
a Roma per ottenere parità di diritti con le genti latine. Eletto console
nell'88 a.C., entrò a Roma con le sue legioni per spegnere i focolai
rivoluzionari accesi da C. Mario e P. Sulpicio Rufo, facendo approvare un
insieme di provvedimenti conservatori atti a ristabilire il potere senatorio.
Quando partì da Roma per combattere in Oriente con Mitridate VI Eupatore
re del Ponto - durante tale spedizione
S. riscosse importanti successi a
Cheronea e a Orcomeno costringendo il re a concludere nell'85 a.C. la Pace di
Dardano (V.) -, i democratici ripresero il potere
prima con C. Mario e, alla morte di costui (86 a.C.), con L. Cornelio Cinna,
designato console per l'anno 86 a.C. Quest'ultimo, dopo aver cercato di impedire
il ritorno di
S. dall'Asia,
tentò di istigare alla
rivoluzione gli Italici allo scopo di caricare ulteriormente di tensione la
situazione. Il ritorno (83 a.C.) di
S. coincise con l'avvento di una fase
assai sanguinosa e cruenta della guerra civile che culminò con la
vittoria ottenuta da
S. e dai suoi legionari a Porta Collina (82 a.C.).
S., che era riuscito ad avere la meglio sugli avversari grazie anche al
sostegno di Licinio Crasso e del giovane Cneo Pompeo, nonché di parecchi
insoddisfatti del Governo democratico, sgominati i mariani, detenne il potere
assoluto, instaurando un clima di terrore. Infatti, fattosi nominare dittatore a
tempo indeterminato (
Dictator reipublicae costituendae) e assunto il
cognome
Felix (figlio della Fortuna), si avvalse del suo potere per
eliminare gli avversari politici mediante liste di proscrizione e per sterminare
popolazioni (Etruschi, Sanniti) considerate infide i cui terreni, confiscati,
venivano distribuiti tra i veterani. Emanò inoltre una lunga serie di
provvedimenti con cui si limitavano i poteri dei tribuni della plebe e dei
censori, si attuavano maggiori controlli sui funzionari, si accresceva
l'autorità del Senato mettendolo al riparo da eventuali rischi di
demagoghi e magistrati ambiziosi. Ai provvedimenti economici e sociali, volti,
in particolare, a mantenere inoffensive le masse, si affiancarono riforme nel
campo religioso e giudiziario, nonché l'attuazione della ricostruzione
del tempio di Giove Capitolino, distrutto da un incendio nell'83 a.C. Riordinato
così lo Stato,
S. abbandonò la dittatura nel 79 a.C.,
ritirandosi a vita privata in Campania dove morì l'anno seguente. Il suo
corpo venne sepolto a Roma. Fu autore di un'autobiografia (
Commentarii rerum
gestarum) scritta in greco comprensiva di 22 volumi che, portata a termine
dal suo liberto
Epicadio, venne utilizzata da Plutarco per la sua
biografia. Di tali
Commentarii sono rimasti pochi frammenti (138-78
a.C.).